Rieccoci con un nuovo post!
Due giorni fa abbiamo ricordato il ventisettesimo anniversario della Strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio 1992, nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e magistrato Francesca Morvillo e tre uomini della scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro).
Oggi voglio parlarvi dell'importanza di Giovanni Falcone attraverso il libro di Francesca Barra scritto a quattro mani con Maria, la sorella del magistrato, dal titolo "Giovanni Falcone - un eroe solo".
Lo potete trovare qui a soli 6€.
Lo potete trovare qui a soli 6€.
C'è davvero tanto da raccontare di questa vicenda, dalla vita di Giovanni alla nascita di Cosa Nostra, del perché i capi mafiosi decisero di ucciderlo a come fu studiato nei minimi particolari l'attentato e ancora molto altro...
Non a caso ci sono infiniti libri e documentari su queste vicende, e se vi possono interessare posso proporvene alcuni.
Oggi però vi racconto di come mi sono avvicinato alla figura di Falcone grazie a questo libro, che racconta da vicino la sua vita, piena di gioie e di delusioni, e grazie al viaggio in Sicilia (già citato in questo articolo), grazie al quale ho potuto vedere i luoghi della sua vita.
Il libro
Una premessa
Chi era Giovanni Falcone? Nel titolo viene descritto come un eroe, e probabilmente lo è stato davvero, ma non dobbiamo dimenticarci di quanta fatica fece nella sua vita di magistrato a lavorare in modo onesto e tranquillo, a causa del clima che attorno a lui si era fatto ostile. Da un lato infatti si dimostrò abilissimo a mettere i bastoni tra le ruote a Cosa Nostra (basti pensare che fu il solo a far parlare Tommaso Buscetta, primo pentito di mafia), dall'altro collezionò molte sconfitte nella carriera e si vide ostacolato da molti, forse invidiosi della sua bravura. Dalla prefazione:
"Non c'è stato uomo in Italia che ha accumulato nella sua vita più sconfitte di Giovanni Falcone. [...] Bocciato come consigliere istruttore. Bocciato come procuratore di Palermo. Bocciato come candidato al Csm (Consiglio superiore della magistratura), e sarebbe stato bocciato anche come procuratore nazionale antimafia, se non fosse stato ucciso."
Eppure ogni anno lo ricordiamo come il miglior giudice, il più apprezzato...
La vita
Giovanni Falcone nacque nel 1939 a Palermo, in uno dei quartieri benestanti, da dove uscirono lui e Borsellino ma anche tanti futuri mafiosi. Visse la sua adolescenza in parrocchia, come i suoi coetanei, finché nel '57 si trasferì a Livorno per frequentare l'Accademia Navale e laurearsi in ingegneria.
Fu questo un periodo duro per lui e la famiglia (si capisce dalle lettere riportate nel libro), tanto che dopo solo 4 mesi rientrò a Palermo e si iscrisse a Giurisprudenza. Laureatosi nel '61 con il massimo dei voti iniziò a lavorare.
La lotta a Cosa Nostra
Giovanni Falcone si dimostrò subito abile nel suo lavoro contro la mafia, soprattutto con la sua geniale intuizione di seguire il percorso di denaro delle cosche, perché "i soldi lasciano le tracce". Da questa intuizione riuscì poi a incastrare diversi mafiosi. Era il 1984 quando da un'idea di Rocco Chinnici, anch'egli assassinato dalla mafia, Antonino Caponnetto fondò il Pool Antimafia, un gruppo di magistrati che unirono le loro competenze per combattere la mafia.
Cosa Nostra non restò con le mani in mano e continuò a uccidere ancora. Dopo l'omicidio di Giuseppe Montana e Ninnì Cassarà, collaboratori di Falcone e Borsellino, i due magistrati furono trasferiti in Sardegna, nell'ex carcere dell'Asinara, per continuare a lavorare in sicurezza.
Curiosità: al rientro in Sicilia lo Stato fece loro pagare le spese di vitto e alloggio. Giudicate voi.
Dal lavoro del pool antimafia si sviluppò il maxiprocesso, che negli anni '86-'87 segnò un durissimo colpo per Cosa Nostra, per la prima volta davvero in difficoltà, grazie anche alla collaborazione di pentiti.
La sentenza finale inflisse ben 360 condanne per 2665 anni di carcere: un grande successo!
Lo stesso poliziotto venne ucciso con la moglie (che portava un piccolo nel grembo) due mesi dopo, il 5 agosto, a Carini, presso la casa dei genitori. Ho avuto la grande fortuna di ascoltare la testimonianza di Vincenzo e Augusta, mamma e papà del giovane ucciso che, ancora oggi, non ha ottenuto giustizia. Purtroppo la madre è deceduta qualche mese fa, ma non potrò mai dimenticare quell'incontro: i due genitori da anni aspettano una giustizia che non arriva, e forse mai arriverà. Augusta da quel 5 agosto si è sempre vestita di nero, mentre Vincenzo da quel giorno non si taglia più la barba. Una testimonianza fortissima, che vi invito a guardare (su Youtube trovate diversi video-interviste).
Giovanni Falcone andò al funerale di Nino Agostino, consapevole che quell'uomo ucciso gli aveva salvato la vita.
Anche dopo questo episodio il giudice ricevette accuse, come quella di aver inscenato tutto per attirare l'attenzione dei media. Celebre la sua affermazione, qualche anno dopo:
Giovanni Falcone in compagnia di Paolo Borsellino e Antonino Caponnetto |
Cosa Nostra non restò con le mani in mano e continuò a uccidere ancora. Dopo l'omicidio di Giuseppe Montana e Ninnì Cassarà, collaboratori di Falcone e Borsellino, i due magistrati furono trasferiti in Sardegna, nell'ex carcere dell'Asinara, per continuare a lavorare in sicurezza.
Curiosità: al rientro in Sicilia lo Stato fece loro pagare le spese di vitto e alloggio. Giudicate voi.
Dal lavoro del pool antimafia si sviluppò il maxiprocesso, che negli anni '86-'87 segnò un durissimo colpo per Cosa Nostra, per la prima volta davvero in difficoltà, grazie anche alla collaborazione di pentiti.
La sentenza finale inflisse ben 360 condanne per 2665 anni di carcere: un grande successo!
L'attentato all'Addaura
Negli anni successivi iniziò a crescere il clima di ostilità contro Falcone, che sperimentò i fallimenti citati sopra. Inoltre la sua vita era sempre più in pericolo: il 21 giugno 1989 Falcone subì un attentato all'Addaura, presso la sua residenza vicina al mare. Una borsa carica di tritolo fu lasciata sugli scogli, ma un poliziotto, Antonino Agostino, la vide e salvò la vita a Giovanni Falcone.Nino e la moglie Ida |
Lo stesso poliziotto venne ucciso con la moglie (che portava un piccolo nel grembo) due mesi dopo, il 5 agosto, a Carini, presso la casa dei genitori. Ho avuto la grande fortuna di ascoltare la testimonianza di Vincenzo e Augusta, mamma e papà del giovane ucciso che, ancora oggi, non ha ottenuto giustizia. Purtroppo la madre è deceduta qualche mese fa, ma non potrò mai dimenticare quell'incontro: i due genitori da anni aspettano una giustizia che non arriva, e forse mai arriverà. Augusta da quel 5 agosto si è sempre vestita di nero, mentre Vincenzo da quel giorno non si taglia più la barba. Una testimonianza fortissima, che vi invito a guardare (su Youtube trovate diversi video-interviste).
Giovanni Falcone andò al funerale di Nino Agostino, consapevole che quell'uomo ucciso gli aveva salvato la vita.
Anche dopo questo episodio il giudice ricevette accuse, come quella di aver inscenato tutto per attirare l'attenzione dei media. Celebre la sua affermazione, qualche anno dopo:
«Questo è il paese felice in cui se ti si pone una bomba sotto casa e la bomba per fortuna non esplode, la colpa è la tua che non l'hai fatta esplodere.»
23 maggio 1992: Capaci.
Arriviamo alla fine, a quel maledetto 23 maggio. Era un venerdì e, diversamente dal solito, Giovanni Falcone rientrò da Roma con la moglie, atterrando a Punta Raisi. Volava sempre segretamente, per questo ancora oggi ci si chiede come Cosa Nostra abbia saputo dell'arrivo anticipato di Falcone: infiltrati, spie? Ancora non abbiamo risposta.Sta di fatto che Giovanni Falcone viene ucciso mentre percorre l'autostrada per Palermo. Contrariamente al solito era lui alla guida, mentre l'autista, che si salvò, era seduto dietro. Dalla collina sopra Capaci dove si erano appostati gli uomini di Cosa Nostra, in particolare Giovanni Brusca, che azionò la bomba, videro l'auto del giudice frenare improvvisamente.
Dettaglio forse non minimo: per un'enorme distrazione, Falcone tolse le chiavi dell'auto per consegnarle all'autista che gliele aveva chieste per venire in seguito a riprenderle. L'auto rallentò di colpo. L'autista fece in tempo a dire "Ma signor giudice, cosa fa?"
E poi lo scoppio.
Fu davvero una strage: 400 kg di una miscela esplosiva fecero un enorme cratere nell'autostrada.
Le tre auto si accartocciano. Il giudice e la moglie sono vivi, moriranno in ospedale. Gli uomini della scorta sulle altre auto, almeno quelli non rimasti uccisi, si trascinarono fuori dalle auto e circondarono l'auto di Falcone per proteggerla fino alla fine da eventuali spari. Un gesto incredibile, tra il fumo e le macerie, raccontato dai sopravvissuti stessi (https://youmedia.fanpage.it/video/al/XOXOI-SwyvAKy2YG - trovate qui una recente loro intervista). Dentro l'auto, il giudice che con lo sguardo perso chiedeva aiuto.
Oggi a Capaci ci sono memoriali, un monumento e un giardino della pace, per ricordare Falcone e tutte le vittime di mafia. Se ne avrete l'occasione, andateci.
La stessa autostrada dove trovò la morte Falcone è percorsa anche oggi da molte persone ogni giorno, così come la stessa mafia che lui combatteva, è combattuta anche oggi.
La stessa autostrada dove trovò la morte Falcone è percorsa anche oggi da molte persone ogni giorno, così come la stessa mafia che lui combatteva, è combattuta anche oggi.
L'amicizia con Paolo Borsellino
Chi rimase più colpito dalla morte di Giovanni Falcone, anche dal punto di vista psicologico, fu l'amico Paolo Borsellino. Cosa Nostra stava letteralmente eliminando ogni singolo avversario. Le scorte non bastavano, non reggevano alle bombe che negli anni '92-'93 scoppiarono in tutta la penisola. Era una guerra.
Borsellino perse molto più di un'amico. Perse un grande collega, un grande uomo. Dopo il 23 maggio sapeva che il prossimo sarebbe stato lui. La perdita dell'amico lo ferì in maniera permanente, come si può vedere in questa intervista, in cui si definisce "cadavere che cammina".(https://youtu.be/doftnk-Ji0U).
Non passò molto: via d'Amelio, cuore di Palermo, 19 luglio dello stesso anno.
Non passò molto: via d'Amelio, cuore di Palermo, 19 luglio dello stesso anno.
57 giorni separano i due attentati. E così Cosa Nostra ha ucciso i suoi più grandi avversari.
Ricordare
Fortunatamente la memoria per questi due grandi uomini non s'è spenta, anzi. Ci sono stati altri grandissimi oppositori alla mafia.
Ma c'è una cosa che i grandi non possono fare: ognuno deve sconfiggere la mafia che lo circonda, ogni giorno.
Per onorare questi uomini che si sono sacrificati, non possiamo permetterci di lasciare rinascere la mafia, anche nelle nostre vite più semplici: onoriamo le loro figure quando decidiamo di pagare il biglietto anche se nessuno ci controlla, quando non accettiamo favori per favorire qualcun altro, quando insomma decidiamo di essere onesti. Senza aver paura di opporci alle ingiustizie, proprio come fecero loro.
"Chi ha paura muore ogni giorno,
chi non ha paura muore una volta sola"
Paolo Borsellino
Voglio ricordare Giovanni Falcone così, con il sorriso.