“Benedetto ci chiede l’impossibile. Benedire coloro che ci maledicono, sopportare i falsi profeti, accettare i fratelli che vivono con zelo amaro. Ci chiede questo per spezzare la catena del male. Ci esorta a non esprimere scontentezza ma gioia, anche quando tutto è contro di noi.”
Norcia. Il 30 ottobre 2016 la piccola cittadina umbra si sveglia con una forte scossa di terremoto (magnitudo 5.6) che per fortuna non fa vittime ma crea danni enormi. Anche la cattedrale di San Benedetto crolla un pezzo alla volta, cedendo alle scosse successive.
Lì Paolo Rumiz torna dopo qualche tempo per fare un servizio per Repubblica e rimane sorpreso nel vedere
che al centro della piazza, in mezzo
alle macerie, la statua di San Benedetto è intatta, e sembra indicare le
case crollate. L'immagine del santo lo interroga: Cosa diceva quel santo benedicente, in mezzo ai detriti di un mondo? Diceva che l’Europa andava alla malora? [...] Ricordava forse che alla caduta dell’Impero romano era stato proprio il monachesimo benedettino a salvare l’Europa. Ci diceva che i semi della ricostruzione erano stati piantati nel peggior momento possibile per il nostro mondo, in un Occidente segnato da violenza, immigrazioni di massa, guerre, anarchia, degrado urbano, bancarotta. Qualcosa di pallidamente simile all’oggi.
Le domande che Rumiz si pone davanti alla statua lo spingono ad approfondire. Inizia così nel cuore dello scrittore un parallelismo tra la nostra Europa, messa in crisi dagli egoismi nazionalistici e dal rifiuto al bisognoso, e l'Europa del 500, secolo di Benedetto, che devastata dalle incursioni barbare riuscì grazie alla fede e all'opera del santo a salvarsi. Domande che non lo lasciano fermo: da Norcia parte per un grande viaggio alla ricerca delle radici dell'Europa nascoste nei monasteri benedettini di tutto il continente.
Norcia,
Veneto, Monaco di Baviera, Lombardia, Sud Tirolo, Svizzera, Francia, Belgio,
ancora Francia, di nuovo Germania, Ungheria, Marche e infine Venezia. Questo
l'itinerario del viaggio di Rumiz, viaggio spirituale nel cuore del monachesimo
nel quale scoprirà tantissime cose su Benedetto e il suo ordine e altrettante
sull’Europa di allora e di oggi.
Per prima cosa vorrei sottolineare
come, in questo viaggio, si intreccino le persone incontrate con i luoghi
visitati. Spesso nel libro Rumiz si sofferma sulla descrizione dei monasteri
che ha visitato, perché anche l’architettura e la struttura di un monastero
parlano:
L’abate non mi descrive solo un’architettura ma una perfetta struttura funzionale, dettata da una precisa spiritualità. C’è lo scriptorium, la sala capitolare, la biblioteca, il dormitorio, la cucina, il refettorio, l’infermeria, il deposito degli attrezzi, la cantina, i forni, il lavatoio, la stalla, l’ex scuderia, le stanze per gli ospiti, i magazzini, il laboratorio di restauro dei codici miniati. E tutto esprime la trascendenza attraverso i simboli. Il pozzo non è solo pozzo. È l’acqua dono del cielo che diventa vita passando per il sottosuolo. Il chiostro, che ti chiude la vista ai lati, fa del cielo il suo soffitto e diventa trampolino di elevazione. Non c’è edificio che non abbia un’anima, spazio che non esprima un messaggio o uno stile di vita.
Ritengo di grande importanza la presenza nel libro dei discorsi scambiati da Rumiz con i monaci che lo ospitavano, che lo aiutavano a trovare Benedetto dell’Europa di oggi.
Europa ha lo
sguardo materno della badessa Maria Ignazia Angelini quando spiega che il primo
comandamento di Benedetto è quella cosa ovvia eppur dimenticata che si chiama
ascolto. Ascolto paziente dell’Altro,
dell’essere umano e della sua voce. E di conseguenza ospitalità. Un
comandamento che in troppi oggi ignorano.
In tutti gli incontri, i luoghi, i
discorsi dello scrittore triestino torna sempre San Benedetto. In particolar
modo Rumiz chiede sempre ai suoi interlocutori se pensano che sia peggiore il
periodo passato da San Benedetto o il nostro; in questo modo, con il dialogo,
inserisce riflessioni più ampie non solo sull’Europa ma sulla fede, sui
comportamenti dei grandi potenti, sulla necessità di un ritorno alla
semplicità. Sono riflessioni molto interessanti, che per brevità lascio alla
vostra lettura.
È lì, tra le preghiere e le parole dei monaci che come
Benedetto dopo quindici secoli pregano e lavorano, che Rumiz completa la sua riflessione:
Coraggio
e cuore, dunque. Come i monaci che rifondarono l’Europa sotto l’urto delle invasioni
barbariche. Come i padri fondatori dell’Unione che dopo due guerre mondiali
ridiedero dignità e ricchezza a un continente in ginocchio. Essi sapevano che l’Europa non è un dono gratuito, ma una
conquista, e spesso un sogno che nasce dalla disperazione per la sua mancanza. Osarono sognarla nel momento in cui tutto
sembrava perduto. Essi tesero dei fili. Tesserono trame e relazioni. Imitiamoli. Costruiamo una rete con i
fratelli degli altri Paesi per far sentire meno solo chi non si rassegna a un
ritorno dei muri e al linguaggio della violenza.
Penso
che la conclusione parli da sé.
Commento personale
Vi
devo dire con sincerità che all’inizio pensavo che “Il filo infinito” fosse un
libro un po’ astratto, forse per la copertina che mi dà questa impressione…
Superata questa diffidenza iniziale ho trovato un libro davvero bello, ricco,
perché vero, vissuto.
Lo
stile di Rumiz è invidiabile, con le parole ci sa fare. L’avevo già
sperimentato quando ho visto il suo documentario sulla Prima Guerra Mondiale. È
capace di unire al viaggio la narrazione, cosa non scontata.
Dal
punto di vista delle opinioni dell’autore, devo dire che su alcuni pensieri non
mi trovo d’accordo, nonostante questo però sottolineo la ricchezza del confronto che può nascere dall’avere
due idee diverse: se pensiamo a dove siamo finiti quando tutti la pensavano
allo stesso modo…
Quindi
che dire? I contenuti sono davvero belli, lo stile pure. Vi invito a leggere
questo romanzo, e credo che personalmente leggerò qualche altro libro di Rumiz.
Un
grande grazie a Feltrinelli per avermi inviato il testo, che potete acquistare
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Fatemi
sapere se l’avete letto o se lo leggerete e che cosa ne pensate! Alla prossima!




















