lunedì 27 maggio 2019

GIOVANNI FALCONE - UN EROE SOLO

Rieccoci con un nuovo post!
Due giorni fa abbiamo ricordato il ventisettesimo anniversario della Strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio 1992, nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie e magistrato Francesca Morvillo e tre uomini della scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro). 

Oggi voglio parlarvi dell'importanza di Giovanni Falcone attraverso il libro di Francesca Barra scritto a quattro mani con Maria, la sorella del magistrato, dal titolo "Giovanni Falcone - un eroe solo". 

Lo potete trovare qui a soli 6€.

C'è davvero tanto da raccontare di questa vicenda, dalla vita di Giovanni alla nascita di Cosa Nostra, del perché i capi mafiosi decisero di ucciderlo a come fu studiato nei minimi particolari l'attentato e ancora molto altro... 
Non a caso ci sono infiniti libri e documentari su queste vicende, e se vi possono interessare posso proporvene alcuni. 

Oggi però vi racconto di come mi sono avvicinato alla figura di Falcone grazie a questo libro, che racconta da vicino la sua vita, piena di gioie e di delusioni, e grazie al viaggio in Sicilia (già citato in questo articolo), grazie al quale ho potuto vedere i luoghi della sua vita. 

Il libro


Una premessa

Chi era Giovanni Falcone? Nel titolo viene descritto come un eroe, e probabilmente lo è stato davvero, ma non dobbiamo dimenticarci di quanta fatica fece nella sua vita di magistrato a lavorare in modo onesto e tranquillo, a causa del clima che attorno a lui si era fatto ostile. Da un lato infatti si dimostrò abilissimo a mettere i bastoni tra le ruote a Cosa Nostra (basti pensare che fu il solo a far parlare Tommaso Buscetta, primo pentito di mafia), dall'altro collezionò molte sconfitte nella carriera e si vide ostacolato da molti, forse invidiosi della sua bravura. Dalla prefazione:
"Non c'è stato uomo in Italia che ha accumulato nella sua vita più sconfitte di Giovanni Falcone. [...] Bocciato come consigliere istruttore. Bocciato come procuratore di Palermo. Bocciato come candidato al Csm (Consiglio superiore della magistratura), e sarebbe stato bocciato anche come procuratore nazionale antimafia, se non fosse stato ucciso."
Eppure ogni anno lo ricordiamo come il miglior giudice, il più apprezzato... 

La vita

Giovanni Falcone nacque nel 1939 a Palermo, in uno dei quartieri benestanti, da dove uscirono lui e Borsellino ma anche tanti futuri mafiosi. Visse la sua adolescenza in parrocchia, come i suoi coetanei, finché nel '57 si trasferì a Livorno per frequentare l'Accademia Navale e laurearsi in ingegneria. 
Fu questo un periodo duro per lui e la famiglia (si capisce dalle lettere riportate nel libro), tanto che dopo solo 4 mesi rientrò a Palermo e si iscrisse a Giurisprudenza. Laureatosi nel '61 con il massimo dei voti iniziò a lavorare. 


La lotta a Cosa Nostra

Giovanni Falcone si dimostrò subito abile nel suo lavoro contro la mafia, soprattutto con la sua geniale intuizione di seguire il percorso di denaro delle cosche, perché "i soldi lasciano le tracce". Da questa intuizione riuscì poi a incastrare diversi mafiosi. Era il 1984 quando da un'idea di Rocco Chinnici, anch'egli assassinato dalla mafia, Antonino Caponnetto fondò il Pool Antimafia, un gruppo di magistrati che unirono le loro competenze per combattere la mafia. 
Giovanni Falcone in compagnia di
 Paolo Borsellino e Antonino Caponnetto

Cosa Nostra non restò con le mani in mano e continuò a uccidere ancora. Dopo l'omicidio di Giuseppe Montana e Ninnì Cassarà, collaboratori di Falcone e Borsellino, i due magistrati furono trasferiti in Sardegna, nell'ex carcere dell'Asinara, per continuare a lavorare in sicurezza.
Curiosità: al rientro in Sicilia lo Stato fece loro pagare le spese di vitto e alloggio. Giudicate voi.

Dal lavoro del pool antimafia si sviluppò il maxiprocesso, che negli anni '86-'87 segnò un durissimo colpo per Cosa Nostra, per la prima volta davvero in difficoltà, grazie anche alla collaborazione di pentiti.
La sentenza finale inflisse ben 360 condanne per 2665 anni di carcere: un grande successo!


L'attentato all'Addaura

Negli anni successivi iniziò a crescere il clima di ostilità contro Falcone, che sperimentò i fallimenti citati sopra. Inoltre la sua vita era sempre più in pericolo: il 21 giugno 1989 Falcone subì un attentato all'Addaura, presso la sua residenza vicina al mare. Una borsa carica di tritolo fu lasciata sugli scogli, ma un poliziotto, Antonino Agostino, la vide e salvò la vita a Giovanni Falcone. 
Nino e la moglie Ida 

Lo stesso poliziotto venne ucciso con la moglie (che portava un piccolo nel grembo) due mesi dopo, il 5 agosto, a Carini, presso la casa dei genitori. Ho avuto la grande fortuna di ascoltare la testimonianza di Vincenzo e Augusta, mamma e papà del giovane ucciso che, ancora oggi, non ha ottenuto giustizia. Purtroppo la madre è deceduta qualche mese fa, ma non potrò mai dimenticare quell'incontro: i due genitori da anni aspettano una giustizia che non arriva, e forse mai arriverà. Augusta da quel 5 agosto si è sempre vestita di nero, mentre Vincenzo da quel giorno non si taglia più la barba. Una testimonianza fortissima, che vi invito a guardare (su Youtube trovate diversi video-interviste). 

Giovanni Falcone andò al funerale di Nino Agostino, consapevole che quell'uomo ucciso gli aveva salvato la vita. 
Anche dopo questo episodio il giudice ricevette accuse, come quella di aver inscenato tutto per attirare l'attenzione dei media. Celebre la sua affermazione, qualche anno dopo: 
«Questo è il paese felice in cui se ti si pone una bomba sotto casa e la bomba per fortuna non esplode, la colpa è la tua che non l'hai fatta esplodere.»

23 maggio 1992: Capaci. 

Arriviamo alla fine, a quel maledetto 23 maggio. Era un venerdì e, diversamente dal solito, Giovanni Falcone rientrò da Roma con la moglie, atterrando a Punta Raisi. Volava sempre segretamente, per questo ancora oggi ci si chiede come Cosa Nostra abbia saputo dell'arrivo anticipato di Falcone: infiltrati, spie? Ancora non abbiamo risposta.

Sta di fatto che Giovanni Falcone viene ucciso mentre percorre l'autostrada per Palermo. Contrariamente al solito era lui alla guida, mentre l'autista, che si salvò, era seduto dietro. Dalla collina sopra Capaci dove si erano appostati gli uomini di Cosa Nostra, in particolare Giovanni Brusca, che azionò la bomba, videro l'auto del giudice frenare improvvisamente. 

Dettaglio forse non minimo: per un'enorme distrazione, Falcone tolse le chiavi dell'auto per consegnarle all'autista che gliele aveva chieste per venire in seguito a riprenderle. L'auto rallentò di colpo. L'autista fece in tempo a dire "Ma signor giudice, cosa fa?" 

E poi lo scoppio. 


Fu davvero una strage: 400 kg di una miscela esplosiva fecero un enorme cratere nell'autostrada. 


Le tre auto si accartocciano. Il giudice e la moglie sono vivi, moriranno in ospedale. Gli uomini della scorta sulle altre auto, almeno quelli non rimasti uccisi, si trascinarono fuori dalle auto e circondarono l'auto di Falcone per proteggerla fino alla fine da eventuali spari. Un gesto incredibile, tra il fumo e le macerie, raccontato dai sopravvissuti stessi (https://youmedia.fanpage.it/video/al/XOXOI-SwyvAKy2YG - trovate qui una recente loro intervista). Dentro l'auto, il giudice che con lo sguardo perso chiedeva aiuto. 

Oggi a Capaci ci sono memoriali, un monumento e un giardino della pace, per ricordare Falcone e tutte le vittime di mafia. Se ne avrete l'occasione, andateci.
La stessa autostrada dove trovò la morte Falcone è percorsa anche oggi da molte persone ogni giorno, così come la stessa mafia che lui combatteva, è combattuta anche oggi.

L'amicizia con Paolo Borsellino

Chi rimase più colpito dalla morte di Giovanni Falcone, anche dal punto di vista psicologico, fu l'amico Paolo Borsellino. Cosa Nostra stava letteralmente eliminando ogni singolo avversario. Le scorte non bastavano, non reggevano alle bombe che negli anni '92-'93 scoppiarono in tutta la penisola. Era una guerra.

Borsellino perse molto più di un'amico. Perse un grande collega, un grande uomo. Dopo il 23 maggio sapeva che il prossimo sarebbe stato lui. La perdita dell'amico lo ferì in maniera permanente, come si può vedere in questa intervista, in cui si definisce "cadavere che cammina".(https://youtu.be/doftnk-Ji0U).

N
on passò molto: via d'Amelio, cuore di Palermo, 19 luglio dello stesso anno. 
57 giorni separano i due attentati. E così Cosa Nostra ha ucciso i suoi più grandi avversari. 

Ricordare


Fortunatamente la memoria per questi due grandi uomini non s'è spenta, anzi. Ci sono stati altri grandissimi oppositori alla mafia.
Ma c'è una cosa che i grandi non possono fare: ognuno deve sconfiggere la mafia che lo circonda, ogni giorno.
Per onorare questi uomini che si sono sacrificati, non possiamo permetterci di lasciare rinascere la mafia, anche nelle nostre vite più semplici: onoriamo le loro figure quando decidiamo di pagare il biglietto anche se nessuno ci controlla, quando non accettiamo favori per favorire qualcun altro, quando insomma decidiamo di essere onesti. Senza aver paura di opporci alle ingiustizie, proprio come fecero loro. 

"Chi ha paura muore ogni giorno,
chi non ha paura muore una volta sola"
Paolo Borsellino



Voglio ricordare Giovanni Falcone così, con il sorriso. 








martedì 21 maggio 2019

NON DIRMI CHE HAI PAURA - LA STORIA DI SAMIA

Samia all'Olimpiade a Pechino
Bentornati lettori!
Come vi anticipavo ieri nelle storie di Instagram oggi vi parlo di un libro che semplicemente è stato l’inizio di tutta la mia passione per la lettura. Mi spiego.
Forse non tutti voi che leggete questo blog mi conoscete bene, e questo libro è per me un’occasione per provare anche a dirvi chi sono.
Tutto, ma proprio tutto, è iniziato in terza media: avevo 14 anni e come la maggior parte dei ragazzi a quell’età (purtroppo!) non leggevo molto, se non i libri assegnati a scuola per compito che a volte non finivo neanche, perché non sapevo apprezzarli… ora invece li divoro, ma questa è un’altra storia.

Durante l’anno scolastico ci stavamo preparando al temutissimo esame, i professori continuavano a darci spunti per la famosa “tesina” (ora abolita anche al liceo, per me un peccato!) e spesso capitava che le lezioni si trasformassero in approfondimento su diverse tematiche interessanti.
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La copertina del libro
(https://amzn.to/2LZXf34)
Un giorno la professoressa di lettere ci ha portato un articolo di giornale su cui si parlava di un libro che narrava la storia di una ragazzina poco più grande di me che, fuggita dal suo Paese per coltivare il suo grande sogno, era tragicamente morta a pochi metri dalla costa di Lampedusa.

Questa ragazza si chiamava Samia Yusuf Omar, e il libro in questione è Non dirmi che hai paura, di Giuseppe Catozzella. 


La storia di Samia mi ha subito affascinato, mi sentivo vicino a lei almeno per l'età, e ammiravo molto la sua determinazione nell'inseguire il suo sogno. Devo confessare però che non lessi subito il libro. Addirittura lo portai all'esame di terza media, con una tesina sull'immigrazione, senza mai averlo letto. Peccato di gioventù.

L'anno successivo, in gita a Bologna in un attimo di tempo libero entrai in libreria e lo vidi lì. Quasi come souvenir della città lo presi e iniziai a leggerlo mentre ci dirigevamo con il pullman a Ravenna. Da allora porto sempre nel cuore la storia di Samia, anche come emblema di troppe simili.


L'incontro con Giuseppe Catozzella
(io sono quello con la  maglia rossa)
Ho avuto anche l'occasione di incontrare di persona e di fare due parole Giuseppe Catozzella, in seguito al suo secondo romanzo Il grande futuro (https://amzn.to/2EnWJpn). 
L'ho incontrato ancora dopo il terzo romanzo E tu splendi (https://amzn.to/2WcipyV). Ve li consiglio tutti, Giuseppe è davvero bravo ad arrivare nel cuore di chi legge. 



Ma veniamo alla storia di Samia
Era una giovanissima atleta olimpica che aveva partecipato alle Olimpiadi di Pechino del 2008, e aspirava a gareggiare a Londra 2012. Purtroppo però in Somalia, suo Paese d'origine, la guerra non permetteva un lusso del genere: persino allenarsi era pericoloso, si rischiava di essere visti dai miliziani. 

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Ecco i motivi del suo viaggio: poter correre, allenarsi tanto e riuscire ad arrivare a Londra preparata, come una vera atleta. Un sogno simile a quello di tantissimi ragazzi nel mondo. Ma per lei le cose sono state fin da subito molto difficili: dover partire dal proprio Paese, per di più a quell'età, senza avere la certezza di farcela, anzi con molti dubbi ma con una grande volontà, questa era la sfida di Samia. 

Inizia così il suo viaggio, pagando  spietati trafficanti di esseri umani che la porteranno dalla Somalia alla Libia, passando per l'Etiopia e il Sudan: un viaggio nel deserto, sfiancante, che ti mette a dura prova. 
Samia ce la fa, e arriva in Libia. Qui deve aspettare per salpare e completare così quel maledetto viaggio. La aspetta il mare, la parte più difficile, l'ultimo pezzo. 

In confronto ai chilometri percorsi, lo vedete dalla cartina, il tratto di mare non è niente. Qualche giorno sul mare è più pericoloso di mesi nel deserto. 

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Il viaggio di Samia
Samia parte, con altri disperati, se così possiamo chiamarli. Il mare però non è buono, si deve tornare indietro. Con il mare è così, decide lui quando farti passare. Dopo qualche giorno si ritenta, e sembra sia la volta buona. I naufraghi arrivano vicino a Lampedusa. Vicino ma non abbastanza, perché il barcone si rovescia. 

Samia se ne va così, mentre cerca di raggiungere le funi lanciate da un'imbarcazione di soccorso, mentre cerca di tornare a galla e tenere vivo quel sogno che la abita e che vuole realizzare, di andare a Londra, correre i 200 metri e vincere. Davanti a tutto lo stadio. 

Se ne va, permettetemi di dirlo, ingiustamente. 
  
Il racconto in prima persona di Giuseppe Catozzella non solo rende omaggio alla piccola Samia, ma permette che la sua storia sia conosciuta in tutto il mondo, grazie alle numerosissime traduzioni. 
Dal suo libro è in corso anche la produzione di un film. 

Vi saluto chiedendovi di guardare questo video, dove possiamo vedere Samia correre a Pechino. Arriva ultima, dietro le altre atlete muscolose e con le scarpette chiodate. Lei non ha neanche quelle, ma ha una fascia della Nike, regalata da suo padre. Arriva ultima per colpa della guerra, in una Somalia che è andata in crisi anche per colpa nostra (ex colonia italiana). Ha avuto sicuramente meno di quanto si meritava, eppure ha combattuto fino alla fine

Ricordatevi di Samia, del suo sogno di correre.  





sabato 18 maggio 2019

Aggiornamento letture

Bentornati sul mio blog! 
Oggi vi voglio aggiornare sulle mie letture più recenti! 
Se mi seguite su Instagram (www.instagram.com/booksshow) probabilmente sapete già cosa ho letto e cosa sto leggendo in questo periodo... qui però cerchiamo di approfondire!

NARCISO E BOCCADORO - HERMAN HESSE

Mentre con il treno raggiungevo Torino e il Salone del Libro ho terminato la lettura di questo romanzo. 
Lo ammetto, ci ho messo un po' a finirlo! Il libro in sé non è lunghissimo (308 pagine) e la scrittura di Hesse è fluida, non ti annoia. A volte ciò che manca è proprio il tempo!!! 
Veniamo alla trama: siamo nel Medioevo, nel convento di Mariabronn dove un giovane, Boccadoro, viene accompagnato dal padre. Lì comincerà a studiare, a diventare grande, ma soprattutto incontrerà Narciso, un ragazzo molto colto poco più grande di lui, che ammira da subito. 

Boccadoro si scoprirà molto diverso da Narciso, che nel frattempo è diventato suo grande amico: egli è uno spirito libero, desideroso di fare nuove esperienze, di vivere fino in fondo. È per questo che un giorno fugge dal convento e inizia a vivere da vagabondo, girando il mondo alla ricerca di sé. 

Da questo punto il libro si concentra sulla nuova vita di Boccadoro, lasciando Narciso ai suoi incarichi nel convento: ha preso i voti e con il tempo diventerà addirittura abate. 
Boccadoro continua a vagabondare e sperimenta da un lato d'amore, che gli fa amare la vita, dall'altro la durezza di alcune situazioni, tra cui la morte per mano sua di un vagabondo e soprattutto la peste.

Arrivato dopo numerose esperienze in un convento, entra dopo anni nella chiesa e scopre una statua della Madonna con il bambino che lo fa innamorare.  Con decisione cerca l'autore dell'opera, Maestro Nicola, e si mette al suo servizio, diventando un vero e proprio artista, finché la vita vagabonda non lo richiamerà a sé. 

Dopo varie avventure ritroverà nel momento più difficile l'amico Narciso (e questo è il pezzo più bello di tutto il romanzo!!!), che lo salverà e gli mostrerà di nuovo la forza dell'amicizia. I due saranno ancora più amici, scoprendosi sempre più diversi. 

Un romanzo che mostra come l'amicizia sia talmente potente da unire anche chi non ha niente in comune, se non il volere il bene dell'altro. Che dire, ve lo consiglio! Lasciatevi trasportare nei viaggi di Boccadoro, perché troverete anche un pezzo di voi stessi!



IL GIORNO DELLA CIVETTA - LEONARDO SCIASCIA  

Decisamente più corto - solo 117 pagine (si legge in un pomeriggio!) - il primo romanzo che racconta la mafia è un must-read! Edito nel '61, Il giorno della civetta si dimostra (purtoppo!) tremendamente attuale, grazie alla lucidità di Sciascia, capace di immortalare in un breve romanzo tutto ciò che è la mafia: corruzione, interessi e soprattutto omertà. In sintesi si potrebbe dire "merda". 


Il romanzo si apre con un omicidio su cui il capitano Bellodi dovrà indagare. Poco dopo ecco la sparizione di un uomo che forse aveva visto qualcosa che non doveva vedere. Indagando sul settore degli appalti, tra indizi e lettere anonime mandate per sviare le indagini, la squadra di investigatori deve fare i conti con l'omertà, fortissima all'inizio del libro, quando Salvatore Colasberna viene ucciso mentre stava per salire sul bus, e tutti i passeggeri si ritrovano a dire "Non ho visto niente!"

Le indagini del capitano procedono bene, e infatti avviene l'omicidio di un informatore che stavolta ha parlato troppo. Dopo gli arresti, i vari interrogatori - tra cui quello di don Mariano, boss, bellissimo letterariamente parlando - e altre indagini, il capitano Bellodi, che si era preso una pausa in famiglia, a Parma, decide di tornare in Sicilia, pensando alla quale dice "Mi ci romperò la testa". 

Corto, avvincente, vero... leggetelo, anche solo per il celebre discorso di don Mariano al capitano, nel quale divide l'umanità tra uomini, mezz'uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà. 

Sciascia, geniale!




martedì 14 maggio 2019

SALONE DEL LIBRO 2019


Cari lettori! 


Oggi voglio parlarvi della mia esperienza al Salone Internazionale del Libro di Torino, che ho avuto la fortuna di visitare domenica 12 maggio. 
Alzatomi di buon mattino, ho raggiunto Torino con un'amica e insieme ci siamo letteralmente buttati nel Salone che, lasciatemelo dire, è davvero il PARADISO! Per me era la prima volta, ma credo proprio che diventerà un vero e proprio appuntamento fisso... vi spiego perché!

IL SALONE 

Tantissime case editrici, grandi o piccole, ma non solo! Il Salone del Libro, che si trovava al centro Lingotto Fiere, comprendeva ben tre padiglioni nei quali ci siamo divertiti ad andare a caccia di libri. 

Molte case editrici proponevano i loro libri in sconto e c'erano occasioni da non farsi mancare! Io ho acquistato un libro da Einaudi, dal titolo "Lettere di condannati a morte della Resistenza europea", che va così a completare la versione italiana che già posseggo. 

Il Salone del libro si è rivelato un'occasione per incontrare tantissimi appassionati di libri, scambiare con qualcuno due parole sui libri preferiti, confrontarsi sull'autore migliore. Ai tempi dei social, davvero una ricchezza!

Purtroppo non siamo riusciti ad assistere a nessuna presentazione, un po' perché c'erano pochi appuntamenti interessanti (la maggior parte degli autori che mi interessava era presente sabato), e un po' perché i tempi erano un po' stretti. Ho avuto però la grandissima soddisfazione di vedere dal vivo Roberto Saviano, mentre parlava di Corrado Alvaro. Non siamo riusciti a partecipare a tutta la conferenza a causa del grandissimo numero di gente in coda... però da fuori abbiamo sentito comunque qualcosa! 

Lo stesso vale per Vittorio Sgarbi, che domenica ha tenuto una lezione sulla storia dell'arte del Novecento, trattata nel suo ultimo libro. 

Tra gli stand delle case editrici presenti, quello che ho apprezzato di più è stato lo stand di Einaudi, che ha dedicato una sezione dello stand ai libri pubblicati sulla Resistenza, con uno stile davvero molto bello.

Proprio qui ho fatto il mio acquisto, rivelatosi già un gran libro pieno di vita e di futuro, nonostante riporti le lettere di giovani condannati a morte. Ma su questo  parleremo in un post dedicato. 

IL CASO ALTAFORTE

Permettetemi di dire due parole sulla vicenda della casa editrice Altaforte, che dopo le polemiche non ha partecipato al Salone del libro. Vorrei esprimere il mio breve pensiero, dopo essere stato al Salone e dopo aver letto molto a riguardo.

Partiamo da un dato di fatto: l'apologia di fascismo è reato e va punito secondo la legge. Forse questo già lo sappiamo... ma quando di preciso si presenta il reato?
«quando un'associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, atti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.» 
Non solo... la legge n. 645/1952 sanziona chiunque 
promuova od organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un'associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche.
Dunque anche semplicemente inneggiando al fascismo o al Duce si commette reato. Il problema è che molto spesso coloro che infrangono questa legge alla fine vengono assolti (basta fare una ricerca su internet per rendersene conto). Abbiamo quindi un gap tra la legge e la sua applicazione.

Questa premessa ci aiuta a capire come mai oggi siano sempre più frequenti gli episodi di incitamento al fascismo o a Mussolini: sono davvero pochi quelli che vengono puniti! 

Il caso dell'editore Altaforte (potete trovare qui un riassunto della vicenda) piuttosto interessante: il fondatore, Francesco Polacchi (indagato per apologia di fascismo dopo le polemiche) è dichiaratamente sostenitore del fascismo, e tra le altre cose dirigente di Casa Pound. 
Ora, a mio parere non si dovrebbe contestare la partecipazione al Salone del Libro della casa editrice, bensì la sua esistenza stessa, poiché questa esalta pubblicamente (tramite la pubblicazione di libri) i principi e la storia del fascismo, proprio ciò che vieta la legge. 

Andando oltre questo vuoto creato dalla legge, penso (e questo è il mio personale parere) che permettere ad Altaforte di essere presente al Salone sarebbe stato da un lato più democratico (come qualcuno ha detto: "lasciamo esprimere a ognuno la sua idea, poi discutiamo"), dall'altro sarebbe stata l'ennesima dimostrazione che la legge non viene rispettata: trovo folle che una casa editrice che non dovrebbe neanche esistere possa continuare a inneggiare al fascismo in una fiera pubblica, violando così ancora la legge. 

FASCISMO E ANTIFASCISMO

Il cartello allo
Edizioni Abele
Ora, la partecipazione è stata negata e sono stati avviati diversi provvedimenti giudiziari. Eppure al Salone del Libro ho constatato la presenza di una certa tensione sull'argomento. Mi spiego: non erano pochi gli stand che esponevano il cartello "editore defascistizzato", o i visitatori che indossavano una maglietta con il logo dell'antifascismo. E fino a qui, niente da dire. 

Bisogna far notare però che c'erano alcuni stand più piccoli che proponevano libri e materiale che inneggiava al comunismo. 
Devo dire che mi sono trovato in imbarazzo: è vero che non esiste la legge di apologia di comunismo, eppure sappiamo tutti a quali orrori ha portato anche questo sistema totalitario. 

Mi chiedo allora: è possibile distinguere antifascismo da comunismo
In conclusione devo dire che vedo una certa ipocrisia in chi confonde l'antifascismo con il comunismo, perché non possiamo ridurre la questione a una lotta tra estremi. 

Potremo mai uscire da queste logiche estreme? A noi posteri l'ardua sentenza.   






mercoledì 8 maggio 2019

Ciò che inferno non è - Alessandro D'Avenia

"Le ultime parole di un uomo sono ciò che conta. Lui dice: "Me l'aspettavo". Lui dice che era pronto, alle 20:40 del 15 settembre 1993. E sorride. Questa è l'ultima parola.  Lui muore con il sorriso."  

Trovate il libro anche sulla mia pagina Instagram!
Carissimi lettori!
Oggi vi propongo un libro che ho letto qualche anno fa e che ancora oggi ritengo essere uno tra i più potenti, sia per il messaggio che porta che per la scrittura straordinaria di D'Avenia.

Dell'autore palermitano avevo già letto "Bianca come il latte e rossa come il sangue" e "Cose che nessuno sa" , romanzi molto belli ma forse troppo adolescenziali, che a lungo tempo si dimenticano. 

"Ciò che inferno non è" è diverso. La storia di don Pino Puglisi, prete ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993, giorno del suo compleanno, resta impressa per sempre. 

Il merito è di D'Avenia, ma la figura di don Pino ha una potenza straordinaria: è stato capace di rispondere al suo aguzzino con il sorriso. "Me l'aspettavo". Una figura così non può lasciarci indifferenti. 


Risultati immagini per don pino puglisiC'è da dire che D'Avenia ha conosciuto personalmente don Puglisi, che ha avuto con lui qualche supplenza al liceo Vittorio Emanuele II di Palermo, e questo sicuramente è stato importante per l'autore stesso. Dal punto di vista personale ho avuto occasione di rileggere questo libro durante una settimana passata l'estate scorsa a Brancaccio, quartiere degradato di Palermo dove ha vissuto ed è stato ucciso don Pino, mentre svolgevo attività estive per i ragazzi di Palermo, ed è stato bellissimo, perché lì ancora oggi ci sono dei ragazzi che continuano il lavoro iniziato da don Pino, aiutando i ragazzi che crescono a Palermo a stare lontani dalla mafia. E lo fanno con passione, gratuità, amore. Come don Pino. 

Quindi andate assolutamente a leggere la storia di Federico e di don Pino narrata da D'Avenia, e lasciatevi stupire e provocare da questa figura straordinaria, per la Chiesa beata, che ha saputo nella sua vita rispondere al male con il Bene, all'odio con l'Amore. 

Andate anche a leggere la storia di Salvatore Grigoli, pentito di mafia, che dopo aver visto il sorriso di don Pino ha cambiato vita. Scoprirete che davvero don Pino, con l'amore, ha distrutto la mafia! 


“Togli l’amore e avrai l’inferno. Metti l’amore e avrai ciò che inferno non è”

domenica 5 maggio 2019

Consigli della settimana!

Cari lettori! 
Oggi per voi una lista di libri da non farsi assolutamente mancare!!!

Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana

Freschi di 25 Aprile vi propongo questa raccolta di lettere davvero toccanti, scritte da condannati a morte della Resistenza italiana poco prima di morire. In queste lettere potrete trovare, oltre che commozione, la fiducia che i nostri connazionali hanno messo in noi "posteri", per i quali persero la vita. Fondamentale per riflettere sul nostro passato, presente e futuro. 


Einaudi ha pubblicato anche le Lettere di condannati a morte della resistenza europea, che ci possono aiutare a pensare a queste vite spezzate per un futuro migliore della nostra Europa, che dobbiamo costruire giorno dopo giorno e che siamo ancora molto lontani da raggiungere.


Carnefici e spettatori - di Alessandro dal Lago
Il sociologo dal Lago propone in questo testo di qualche anno fa e ora in super saldo su Amazon una riflessione interessante sul nostro modo di essere a contatto con la crudeltà. Quali sono i criteri con cui la crudeltà, ampiamente mostrata dai media vecchi e nuovi, è occasione di sdegno o di intervento “umanitario”? La risposta è che lo sdegno dipende da un complesso di circostanze, tra cui gli interessi materiali in gioco e la fondamentale indifferenza delle opinioni pubbliche occidentali. Come si è determinata questa strana mescolanza di insensibilità e moralismo? Riprendendo il tema della crudeltà nel mondo classico e moderno, come si manifesta soprattutto nella letteratura e nella cultura di massa, il saggio analizza la complessità dello “sguardo” come ottica culturale: non è la crudeltà a essere finita ma il nostro sguardo culturale a non vederla più. È così che dalla fine della guerra fredda, ormai da quasi venticinque anni, l’Occidente combatte guerre in mezzo mondo senza che la sua vita quotidiana sia alterata e in un’indifferenza appena venata di voyeurismo.

La nostra casa è in fiamme - Greta Thumberg
«Non voglio la vostra speranza. Voglio che proviate la paura che provo io ogni giorno. Voglio che agiate come fareste in un'emergenza. Come se la vostra casa fosse in fiamme. Perché lo è.» Greta Thunberg ha parlato chiaro ai grandi del mondo e ha iniziato così la sua battaglia contro il cambiamento climatico, convinta che «nessuno è troppo piccolo per fare la differenza». Lo "sciopero della scuola per il clima" di una solitaria e giovanissima studentessa davanti al parlamento svedese è diventato un messaggio globale che ha coinvolto in tutta Europa centinaia di migliaia di ragazzi che seguono il suo esempio in occasione dei #fridaysforfuture. Greta ha dato inizio a una rivoluzione che non pare destinata a fermarsi, una battaglia da combattere per un futuro sottratto alle nuove generazioni al ritmo furioso dei 100 milioni di barili di petrolio consumati ogni giorno. "La nostra casa è in fiamme" è la storia di Greta, dei suoi genitori e di sua sorella Beata, che come lei soffre della sindrome di Asperger. È il racconto delle grandi difficoltà di una famiglia svedese che si è trovata ad affrontare una crisi imminente, quella che ha travolto il nostro pianeta. È la presa di coscienza di come sia urgente agire ora, quando nove milioni di persone ogni anno muoiono per l'inquinamento. È il «grido d'aiuto» di una ragazzina che ha convinto la famiglia a cambiare vita e ora sta cercando di convincere il mondo intero

Il libro di Greta in promozione qui: https://amzn.to/2GVBFH8


Il signore delle mosche. Oscar moderni Il signore delle mosche - William Golding 

Un classico da non farsi mancare! 
Dalla prefazione: Le emozioni, in questo romanzo, ci sono tutte. Poi ci sono coraggio, dolore e piacere. La protagonista è l'ombra. L'ombra da cui ognuno di noi cerca di fuggire, ma che poi ci prende. Ma cosa fare quando la tua parte nascosta finisce dentro il corpo della persona che ami? Forse, non resta che mollare le cime dal pontile e salpare verso la follia. E qual è la follia? Quella di ritrovarsi all'Inferno senza aver peccato? Oppure affidarsi a un sistema non strutturato per la presa in cura, che si affida alla tecnica, che non approfondisce e non si pone troppe domande? In questo romanzo il tempo sembra scandire la vita, ma il tempo qui non c'è. La vita ha un sapore magico e nella vita c'è qualcosa di più forte di tutte le emozioni e di tutti i sistemi, un amore, qualcosa che va contro la morte. Qualcosa che non muore. 
Un saggio molto interessante e attuale su una questione con cui ci dobbiamo confrontare ogni giorno. Come combattere l'intolleranza? Quali paure di fronte al "diverso"? Eco prova a rispondere a queste domande decisive in un breve saggio... da non farsi mancare!







Gianluca Firetti, santo della porta accanto - Marco d'Agostino
Vi rimando alla mia recensione su Instagram dell'altro libro di don Marco d'Agostino "Spaccato in due", scritto a quattro mani insieme a Gianluca: https://www.instagram.com/p/Bu4VAk0n98o/
Il libro che vi propongo qui è scritto da don Marco un anno dopo la scomparsa di Gian, ed  è una rilettura della sua vita, breve ma vera.
Gian non è morto disperato, ma affidato. Non se n'è andato sbattendo la porta, ma incamminandosi. Non ha chiuso l'esistenza imprecando per un buio che non si meritava, ma desiderando un incontro con la Luce del mondo, appena contemplata nella gioia del Natale. Quella di Gian, umanamente, è una storia di dolore. Evangelicamente, una storia di grazia e di bellezza. A soli vent'anni ha dimostrato che si può essere abitati da Dio e dagli uomini. È possibile farsi amare e amare. Gian è uno squarcio della vita di Dio. In questo sta la sua santità vera, nell'essere riflesso, rimando, segno eloquente.

La storia di Gianluca a questo link: https://amzn.to/2WlD6Fq

Dal "mostro" del mondo greco-romano alla teratologia ottocentesca, dalle pedagogie speciali sviluppatesi a partire dal Seicento agli stermini della Germania nazista, la disabilità fa parte da sempre della storia del genere umano. Nel libro se ne ricostruisce l'articolato percorso storico fino a segnalare il rischio che la crisi dello Stato sociale ci riporti oggi a un "welfare caritatevole" noncurante dei diritti e si registra, al contempo, l'attuale protagonismo di persone e associazioni. Un saggio per capire come oggi sia fondamentale l'inclusione della società di chi è più fragile, ma non per questo inferiore.


Risultati immagini per più forti dell'odio qiqajonFr. Christian de Chergé era il priore del monastero trappista di Notre-Dame de l'Atlas in Algeria. Assieme a sei suoi confratelli venne rapito da fondamentalisti islamici il 26 marzo 1996: furono tutti sgozzati il 21 maggio seguente. Gli scritti dei sette monaci sono dettati da un amore più forte dell'odio, dalla vita più forte della morte: nella loro forza ed essenzialità mostrano che solo chi ha una ragione per morire ha anche una ragione per vivere.

giovedì 2 maggio 2019

Non si può dividere il cielo - Il muro di Berlino


Il Muro di Berlino oggi
13 agosto 1961. È una domenica d'estate, e a Berlino in vacanza ci si sveglia più tardi, la domenica si va al lago... i berlinesi non sanno che quel giorno sarà diverso da tutti gli altri e rimarrà scolpito nella storia. 
Dalle prime ore dell'alba i muratori sono al lavoro con i loro attrezzi. Qualcuno si sarà svegliato chiedendosi: "Ma che fanno, lavorano in cantiere pure di domenica?"
Ci misero poco a capire: la Germania Est (DDR) stava costruendo intorno a Berlino Ovest un muro, un vero e proprio muro. 
Per la verità, inizialmente è solo filo spinato. Ma in poco tempo viene eretto un muro enorme, alto ben 4 metri, sorvegliato da guardie armate. 
La costruzione del Muro
I soldati sorvegliano i muratori. perché lavorino bene, in fretta e soprattutto perché non scappino. Si, è questo il problema per la Germania Est: la massiccia emigrazione verso l'Ovest, verso il Capitalismo. Oltre che un danno pure una figuraccia. Il popolo del comunismo, emblema della vera libertà, scappa. I numeri sono eloquenti, bisogna fermare il flusso. Ecco da dove salta fuori il muro: nessuno passa più a Ovest, l'espatrio viene dichiarato "fuga dalla Repubblica", considerato reato contro lo Stato spesso punito con la morte.

E i cittadini di Berlino Ovest? Certo, inizialmente hanno una gran paura. Temono di restare isolati nella Germania Est, e così in effetti avviene (sullo sfondo era rimasta la paura di restare bloccati come nel '48, quando gli alleati portarono rifornimenti con il cosiddetto "ponte aereo"). Ma ben presto capiscono che i veri prigionieri del Muro sono i berlinesi dell'Est, che non possono attraversarlo più, neanche per andare a lavorare, come facevano molti. 

Berlinesi dell'Ovest si affacciano sul Muro
Qui si apre la lunghissima serie di episodi di solidarietà da parte dei berlinesi dell'Ovest che durante tutto il periodo del Muro ('61-'89) aiutano i berlinesi dell'Est a passare, ma li rimandiamo al prossimo libro. Sta di fatto che loro guardano impassibili alla prigionia dei concittadini. 
Credo sia difficile, ma comunque necessario, capire cosa significò per i tedeschi dell'Est restare bloccati a causa del Muro. Possiamo provare a capirlo guardando il numero delle vittime, oltre 600. Arrivare a rischiare di morire per raggiungere la libertà.

Di questo e molto altro parla Gianluca Falanga, studioso italiano che vive a Berlino, nel suo libro (oserei dire capolavoro) Non si può dividere il cielo
Falanga ripercorre le cause che portarono gli Alleati, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, a dividersi Berlino e la Germania in quattro (Inghilterra, Stati Uniti, Francia e Russia). Di fatto la divisione fu tra Stati Uniti e Russi: l'inizio della Guerra Fredda

L'autore non si ferma alla storia in generale, ma porta vicende personali, vite di gente comune che si trovò prigioniera del muro, ragazzi che persero la vita cercando di attraversarlo (come Peter Fechter, solo diciassettenne) e che aiutarono i concittadini a fuggire. Potete trovare il libro in sconto qua.

Fondamentale a mio parere ricordare e capire cosa e perché successe questo. Perché se oggi alziamo nuovi muri, la storia si ripete.
Come si dice spesso, la storia è maestra. Già, ma noi dobbiamo imparare!

Vi lascio, per ora, con due foto. La prima immortala Conrad Schumann, soldato della DDR incaricato di sorvegliare la costruzione del muro, che decise di opporsi scavalcando il filo spinato che era obbligato a sorvegliare. Mentre saltava fu fotografato da un giornalista. Una foto stupenda, un augurio di libertà.


La seconda è una foto che ho scattato io con il mio telefono quando ho visitato il Muro di Berlino. Quasi inconsciamente ho immortalato una ragazza che fotografava il muro attraverso la fessura. Mi piace davvero tanto e ho deciso di condividerla con voi. Questa ragazza che guarda di là sia l'augurio per le nuove generazioni, chiamate a guardare oltre i muri e a opporsi a chi ne costruisce di nuovi.






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